CINICO ADDIO
Era d'autunno ma faceva ancora caldo, lui non sentiva la fame e la fatica,
camminava con calma, occhi bassi e mani in tasca.
Camminava da tre ore e non sapeva piu' dove fosse finito,
la citta' l'aveva inghiottito sul serio, nulla di quanto vedeva gli era famigliare.
Tanto ormai che importanza poteva avere ? Aveva deciso, si sarebbe abbandonato al destino, non sarebbe mai piu' intervenuto sulla sua vita. Se frustrazione deve essere, aveva pensato, che lo sia fino in fondo. Lasciamo che la ragione si appanni, che il rispetto per se stessi si perda nelle pieghe della camicia non lavata e nei buchi delle scarpe. Barba lunga, occhi vuoti, camminare senza vedere, vedere senza pensare, liberi da ogni retaggio, da ogni convenzione. Essere quello che si vede: una persona vinta, consunta, docile al destino.
Restava un difetto nella sua nuova vita: a volte alzava lo sguardo a cercare qualcuno, qualcosa, un segno di benevolenza del mondo che potesse restituirgli la voglia di avere cura di se stesso e questa debolezza lo irritava, accadeva all'improvviso, si sorprendeva a scrutare le case, le persone, le vetrine cercando conforto, calore, vita.
Era un desiderio che voleva annientare con cinico disprezzo di se stesso.
Senti' freddo, la citta' era finita senza avvisare, finito l'asfalto, finiti i palazzi, anche l'odore dell'aria era diverso, piu' umido ed invadente. Accese una delle tre marlboro rimaste e fumo' come se nulla stesse accadendo, come se fosse una delle migliaia di sigarette fumate senza pensare all'essenza di quel gesto che d'ora in poi sarebbe stato sempre piu' raro e profondo.
Non aveva previsto dove dormire e questa consapevolezza lo riporto' alla realta' : prima paura poi cinico disprezzo della sua mollezza. DORMIRAI SE POTRAI E DOVE POTRAI !