Thursday, November 09, 2006

Siamo quelli che non ce l'hanno fatta,
siamo cresciuti in fretta, lavorando mentre cambiavano i capi
e si appannavano le illusioni.
Siamo quelli che lottano per quaranta euro di aumento e che, ad un certo punto,
diventano troppo vecchi per essere incentivati.
Siamo quelli che, siccome conoscono bene il loro lavoro, si accorgono delle stupidaggini
e, per sincerita', lo dicono facendo incazzare l'idiota di turno al comando.
Siamo quelli che non avranno la pensione, e che non hanno potuto evadere un bel niente,
quelli che non sono evasi da se stessi e dalle responsabilita' nemmeno una volta nella vita.
Siamo le persone, la ggente, il nulla da spremere senza rispetto.
Siamo quelli a cui le mogli rinfacciano il fallimento senza neanche dire una parola,
bastano quelle occhiate al mattino nel bagno quando piu' brutto non potresti essere.
Siamo quelli che hanno creduto all'etica ed alla morale.
Intanto gli altri guidavano le mercedes, facevano sei settimane di vacanza l'anno ed il tempo era galantuomo, l'azienda non sapeva nemmeno chi eri ed assumeva un direttore a 150.000 euro netti l'anno... dopo due anni capivano che era una bestia e lo cacciavano via, costo dell'operazione
500.000 lordi. Per te non era il momento: " sai ci sono dei problemi di liquidità... "

Saro' un vecchio tremendo, odioso, velenoso, cattivo,
mi faro' odiare, moriro' schiumando la rabbia mai sfogata.

Thursday, October 19, 2006

Malattia, influenza di stagione, dolori alle ossa e tutto il resto.
Niente lavoro. Obbligatorio stare a casa.
Una volta, fantasticando di vacanze, cercavamo di immaginare il posto ideale:
Non fare niente, stare a letto, non cucinare, essere serviti e riveriti, nessuna confusione, pace e tranquillita' ... ci venne in mente all'unisono: L'OSPEDALE !
C'e' qualcosa nell'imprevisto della malattia, una specie di franchigia dagli impegni e dai doveri, una riminescenza infantile di quando, sul divano, sotto il plaid rimboccato dalla mamma, si beveva il te' caldo, il tempo era fermo, pietrificato in quei gesti semplici che ti facevano sentire sicuro, protetto, amato, padrone del mondo.
Normalmente sono quattro giorni, due dei quali dolorosi, gli altri si portano l'eco del malessere fino alla prima doccia dopo la febbre, quella che lava via la malattia e ti restituisce alle tue incombenze.
Ma in quel breve scampolo di tempo che ti viene restituito mentre tossisci torna la percezione chiarissima di come una giornata sia lunga, di quante cose si possono leggere, vedere, pensare, di come ti sei venduto il tempo e la vita
per quattro soldi di merda.

Friday, August 25, 2006

Vita veloce ma immobile,
tempo che si consuma,
corpo che invecchia
indifferente al tuo cuore

Sospeso in uno scorrere lento
invecchi da solo
Si vede, ormai non piu' troppo lontana,
la fine.

Che corsa breve e' stato il tuo tempo
quante cose hai avuto e perduto,
altrettante nemmeno desiderate,
osate.

Ora basta, saluta che e' tempo di andare.